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L’Interprete

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Fasani, Remo
Il Fiore e il Detto d'Amore attribuiti a Immanuel Romano, 2008
L’Interprete n. 97
pp. 80, ISBN 978-88-8063-601-4    € 15.00

E' possibile scaricare questo volume in versione PDF, a pagamento,
tramite Casalini Libri Digital Division

È opportuno riassumere, prima di presentare questa nuova attribuzione del Fiore e del Detto d’Amore, i risultati che Remo Fasani ha già ottenuto con gli altri saggi su questo argomento. La metrica del Fiore è affatto diversa da quella di Dante. Nel Fiore si osserva un massiccio influsso dello stile dei cantari, che dunque dovevano esistere prima del Boccaccio. Anche le opere di Lippo Pasci de’ Bardi (Corona di casistica amorosa e Canzoni), di Brunetto Latini (Tesoretto e Tresor) e di altri poeti delle origini lasciano nel Fiore tracce vistose, il cui autore è come un enciclopedista della poesia italiana.
A tutto questo, si aggiunge ora una nuova prospettiva: quella della poesia persiana, ben nota alla comunità ebraica di Roma, e confermata, oltre che dai sonetti di Immanuel Romano, dalla prima scena del Fiore. Basta vedere la concordanza «Amor è una pura signoria» da un lato e «presi Amor a signoria» con «farvi pura... fedeltate» dall’altro, che è una chiara allusione all’Enciclopedia dei Fratelli della purità, da cui deriva in gran parte la gnosi ebraica. E si veda infine il verso «per lo vento a Provenza che ventava», dove il mistral si fa metafora di un decreto ostile del papato avignonese: quasi certamente quello del 1321, con il quale gli ebrei venivano espulsi da Roma. Ciò significa anche che il poeta del Fiore conosceva la Divina Commedia.